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Recupero crediti: il trasferimento di una società all’estero non la salva dal fallimento per debiti in Italia

Cassazione 11 marzo 2013 n. 5945

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano in riferimento all’istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali, già costituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi dell’impresa, abbia trasferito all’estero la sede legale, nel caso in cui i soci, chi impersonano l’organo amministrativo ovvero chi ha maggiormente operato per la società, siano cittadini italiani senza collegamenti significativi con lo stato straniero; circostanze che, unitamente alla difficoltà di notificare l’istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale, lasciano chiaramente intendere come la delibera di trasferimento fosse preordinata allo scopo di sottrarre la società dal rischio di una prossima probabile dichiarazione di fallimento. La presunzione di coincidenza del centro degli interessi principali con il luogo della sede statutaria, stabilita dall’art. 3, par. 1, del regolamento n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, deve infatti considerarsi vinta allorché nella nuova sede non sia effettivamente esercitata attività economica, né sia stato spostato presso di essa il centro dell’attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa (nella specie, la Corte ha confermato al decisione dei giudice del merito che, relativamente al fallimento di un’impresa che aveva trasferito la propria sede legale in Francia, aveva comunque ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice italiano fondando l’affermazione della propria giurisdizione sull’accertamento di una situazione di fatto in concreto diversa da quella risultante dalle indicazioni ufficiali desumibili dal registro delle imprese ed essendo pervenuta a tale conclusione all’esito di una valutazione globale dei dati di cui disponeva, quali l’impossibilità di reperire la società nella sede ufficiale in Francia, ove era stata inutilmente tentata la notifica del ricorso per fallimento, il rilievo della residenza in Italia del legale rappresentante della medesima società, dello svolgimento sempre in Italia delle pur sporadiche operazioni liquidatorie del patrimonio sociale e della presenza qui dell’unico bene mobile ad essa sicuramente ancora riferibile; con l’aggiunta del fatto che in Italia la medesima società aveva conservato la propria partita Iva).

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